Lucia Serafini, War damage and peace damage, Villamagna (CH), 2008
Nella storia dell'Abruzzo, la seconda guerra mondiale ha avuto l'effetto di un evento risolutivo. Le distruzioni che la regione ha subito nei sei mesi in cui il fronte ha ristagnato sul suo territorio, ne hanno per la prima volta scosso dalle fondamenta la cultura, dilatandone gli orizzonti e prospettando alternative possibili. La questione non è tanto nella quantità dei danni, grandi ma non superiori, alla resa dei conti, di quelli sofferti dalle altre regioni direttamente investite dalle azioni belliche. In Abruzzo le bombe hanno avuto un effetto diverso, portando a livello della coscienza comune un retaggio di povertà e ritardi fino ad allora rimasto nascosto o al più fatto oggetto di esercitazioni letterarie. La forza di questa scoperta è tale da fissare le basi di un'altra storia, molto più breve, ma molto più veloce in ordine alle trasformazioni indotte, accelerate da un'urgenza di modernità divenuta all'improvviso prioritaria rispetto a tutto il resto. Il nuovo volto della regione è da qui che prende avvio, partecipando di un processo di emancipazione dal passato che ne ha rinnovato, insieme al costume, alla mentalità e agli apparati produttivi, anche il paesaggio urbano e naturale. La straordinaria performance unanimamente riconosciuta all'Abruzzo del secondo dopoguerra è stata oggetto negli ultimi anni di numerosi studi a carattere economico e sociale. A fronte di questi poco è stato fatto riguardo alle trasformazioni del patrimonio edilizio e della nuoava compagine che le città del dopoguerra hanno assunto.Il lavoro che qui si propone tenta di colmare questa lacuna, dando espressione alla prima fase di una ricerca che prova a mettere a confronto il prima e il dopo delle città abruzzesi colpite dalla guerra, per intendere il senso e le ragioni di una vicenda altrimenti inconprensibile.
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